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Riservatezza Garantita
Riservatezza Garantita
Uno dei motivi di licenziamento per giusta causa si riscontra quando il dipendente viola anche solo uno degli elementi fiduciari del rapporto di lavoro. Tale violazione si verifica ogni qualvolta il lavoratore ponga in essere comportamenti espressamente vietati dalla legge o dal contratto di categoria, oppure quando quest’ultimo non rispetti quanto disposto dagli artt. 2105 (divieto di concorrenza), 1175 (dovere di correttezza) e 1375 (esecuzione di buona fede) del c.c., anche nei comportamenti “extra lavorativi”.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 13676/2016) ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore assumendo la sussistenza di grave mancanza negli elementi essenziali nel rapporto di lavoro come la correttezza, la buona fede e l’elemento fiduciario fondamentale.
Nella fattispecie il dipendente durante il periodo di malattia, conseguente a più operazioni chirurgiche per gravi discopatie e lombalgie, era stato ripreso mentre aiutava un collega a sollevare pesanti bombole di gas.
E’ necessario precisare che l’assenza del lavoratore dal servizio per malattia è giustificata esclusivamente dal fatto che dalla patologia stessa derivi un’incapacità lavorativa nelle funzioni ordinarie di lavoro.
Resta ovvio che, durante la malattia, al lavoratore sono precluse tutte le attività che possano ritardare il decorso, che siano di natura lavorativa, domestica o ricreativa. Questa condizione è necessaria sia allo stesso lavoratore ammalato che deve salvaguardarsi e osservare specifiche cautele indispensabili a favorire il più rapido recupero delle energie psico-fisiche; sia nell’interesse del datore di lavoro, che ha l’esigenza e il diritto di riavere al servizio attivo il dipendente nel più breve tempo possibile.
La Corte ha ritenuto che la condotta sopra evidenziata fosse lesiva della condizione fisica nella quale si trovava il lavoratore e per la quale lo stesso era assente dal servizio, violando in tal modo i principi di buona fede e correttezza che invece richiedevano che il dipendente si astenesse dal compiere attività che potessero nuocere alla propria condizione post-operatoria e potenzialmente idonee a prolungare il periodo di malattia.
La Cassazione ha pertanto sancito il principio secondo il quale un comportamento come quello posto in essere dal lavoratore che durante la malattia compie attività che ne pregiudicano la guarigione induce a dubitare seriamente della correttezza nei rapporti futuri tra il lavoratore stesso e l’azienda e ne giustifica il recesso immediato da parte del datore di lavoro.
Inoltre, ha ribadito che, in tema di licenziamento per giusta causa, il dipendente debba astenersi dal porre in essere, non solo le condotte espressamente vietate dalla legge o dal contratto di categoria, ma debba altresì evitare qualsiasi condotta che, per la sua natura e per le conseguenze che può comportare, risulti oggettivamente in contrasto con gli obblighi connessi al rapporto di lavoro.
Un danno di diverso tipo può invece derivare dai collegamenti che un dipendente può avere con società concorrenti e con le quali quest’ultimo può intraprendere vere e proprie azioni di spionaggio aziendale per ricavarne un profitto personale.
Questo tipo di attività può essere svolta sia sui dipendenti che su eventuali collaboratori esterni. L’unico vincolo che viene richiesto dalla legge nel caso di indagini svolte da agenzie investigative è il vincolo contrattuale, l’esistenza cioè di un contratto, come definito dal codice civile, che regoli il rapporto tra il Mandante (chi delega l’agenzia all’indagine) e il Soggetto d’indagine.
L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970), regola l’utilizzo degli impianti audiovisivi atti a rilevare il comportamento dei dipendenti nei luoghi di lavoro.
Tale articolo è stato successivamente modificato dall’art. 23 del Jobs Act (Legge delega n. 183/2014) che ha modificato l’assetto dell’equilibrio che sino ad ora aveva caratterizzato la norma e che riguardava due interessi contrapposti: da una parte il potere di controllo del datore di lavoro e, dall’altra, il diritto alla riservatezza del lavoratore.
L’art. 4 dello Statuto disponeva il divieto assoluto da parte delle aziende nell’uso dei suddetti impianti di registrazione con finalità di controllo a distanza sull’attività dei lavoratori. Il secondo comma dell’articolo disponeva che tale divieto potesse essere derogato solo nel caso in cui l’utilizzo delle apparecchiature fosse necessario per esigenze organizzative e produttive oppure per la sicurezza sul lavoro ma solo “previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna”.
Tuttavia, la Corte di Cassazione, si era già espressa favorevolmente riguardo all’utilizzo delle immagini raccolte con strumenti occultati nell’ambito del processo penale, perché anche se ottenute in violazione dell’art. 4 comma II, va ricordato che il predetto articolo non impedisce i controlli difensivi sul patrimonio dell’azienda, aggredito o messo a rischio da azioni delittuose perpetrate da chiunque, compresi i dipendenti. A livello giuridico quindi si configura una situazione nella quale i due aspetti, civilistico e penale, seguono due iter differenti. Nella fattispecie la violazione dell’articolo 4 comma II avrebbe rilevanza solo sotto il profilo civile, mentre dal punto di vista penale non avrebbe inficiato la possibilità di valutare le videoriprese effettuate con mezzi occultati quale elemento di prova nel processo.
Sulla scorta di tale interpretazione giurisprudenziale, la nuova formulazione esclude il divieto assoluto di utilizzo degli impianti audiovisivi e di “altri strumenti” dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, disponendo che possano essere impiegati, oltre che per le esigenze descritte nell’articolo 4, anche “per la tutela del patrimonio aziendale”, fermo restando l’accordo con le rappresentanze sindacali.
Inoltre, le modifiche al secondo comma, escludono che debba esservi invece preventivo accordo per il controllo a distanza del dipendente realizzato tramite gli strumenti utilizzati dal lavoratore stesso per rendere la prestazione e/o gli strumenti utilizzati per la registrazione delle presenze.
DDS Investigazioni ha maturato grande esperienza nell’acquisizione di prove nell’ambito dei controlli aziendali a tutela del patrimonio, attività che risulta essere necessaria nei casi di contestazioni fondate su prove documentali.
Nell’ambito della prevenzione invece una delle azioni possibili nei confronti di chi si candida per una posizione è la verifica del Curriculum. Molto spesso i curricula sono falsati in misura più o meno rilevante dai candidati stessi, ma l’azienda non sempre ha la possibilità o il tempo di verificare. DDS Investigazioni può farsi carico delle verifiche necessarie dei curricula prendendo informazioni sulle precedenti esperienze di lavoro dichiarate e di individuare eventuali controversie, e per quali motivi, con precedenti datori di lavoro.